strange
Lo strano destino delle parole, essere somiglianti, eppure così diverse l’una dall’altra, condividere un giudizio e una definizione, eppure avere distanze di significato che appartengono a dimensioni che di necessità le separano, in distinzioni che non possono appartenersi.
Il caso che accomuna la desinenza sonora di reale, ideale e virtuale – proprio nel rispetto di questa sequenza storica e primordiale – è peso e misura del disagio dell’individuo, ma dichiarata rivelazione dell’imbarazzo provato nel non sapere più quale sia il mondo nel quale si è destinati a vivere quello che per convenzione conosciamo come tempo.
Queste tre dimensioni, corni di una figura geometrica rigida e quindi inspiegabile, sono aspetti angolari che puntano per allontanarsi, ma non possono più scindersi se non come espressione di una patologia dell’esistenza, un luogo unico e altro di isolamento temporaneo, inevitabilmente temporaneo, almeno quanto la durata che ad ognuno spetta come vita.
E mentre è tutto questo, l’unica domanda che vale è “che cos’è amore”, se lo troviamo, se lo perdiamo, se davvero è per noi.
Ancora la poesia; se questo è lo strumento che fuoriesce da un processo di forgia, uno strumento di parola, unità che è reale, ideale e virtuale, che non è somma di parti ma cosa trasformata, del tutto nuova.
Questo veicolo trasporta “tutto di noi stessi” verso gli altri, non solo nel presente; (ma) venendo da lontano saremmo perduti se sapessimo anche una sola cosa di quello che potrebbe accaderci domani, soprattutto dell’amore.
“saremmo perduti se sapessimo anche una sola cosa di quello che potrebbe accaderci domani, soprattutto dell’amore.”
sì. Credo di sì…
molto interessante tutto!:-)
“…che non è somma di parti ma cosa trasformata, del tutto nuova”
sì.
gb
…mi mancano le parole, plaudo lodo e ammiro!
grazie Vanni.